Le nostre azioni sono predeterminate?
Quante volte ci è capitato di ripensare a una decisione presa in passato e di dire a noi stessi: “Se potessi tornare indietro, farei diversamente.” Oppure, ci siamo trovati di fronte a molteplici possibilità, senza sapere quale strada imboccare, percependo il peso della scelta. Queste sensazioni, che ciascuno di noi conosce bene, alimentano l’idea del libero arbitrio: la convinzione che le nostre azioni non siano del tutto determinate dallo stato precedente dell’universo, ma che, in qualche misura, possiamo piegare il futuro secondo la nostra volontà.
In fondo, il modo in cui rappresentiamo il concetto di scelta è proprio questo: il nostro corpo è parte del mondo materiale e, quindi, soggetto alle leggi della fisica; ma, da qualche parte nella nostra mente, c’è un “pilota” che decide autonomamente e può muovere il corpo come una macchina, libero da qualsiasi imposizione esterna. In questa visione, se riportassimo il nostro corpo alle stesse identiche condizioni, il “pilota” potrebbe comunque fare una scelta diversa. Ma questo modo di intendere le cose è davvero compatibile con ciò che sappiamo sul funzionamento dell’universo?
Nel 1814, il matematico francese Pierre Simon Laplace pubblicò un saggio sulla teoria delle probabilità che conteneva una delle più celebri dichiarazioni sul determinismo. Scriveva Laplace:
“Possiamo considerare lo stato attuale dell’universo come l’effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Se un intelletto, in un determinato istante, conoscesse tutte le forze che mettono in moto la natura e le posizioni di tutti gli oggetti, e fosse sufficientemente vasto da sottoporre questi dati ad analisi, racchiuderebbe in una sola formula i movimenti dei corpi più grandi dell’universo e quelli degli atomi più piccoli. Per tale intelletto, nulla sarebbe incerto: il futuro, proprio come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.”
Questa affermazione è una delle prime e più chiare definizioni del determinismo fisico classico: data una certa condizione di un sistema al tempo A, lo stato successivo al tempo B è una conseguenza necessaria, governata dalle leggi fisiche. In altre parole, le condizioni iniziali determinano interamente ciò che accadrà, dal più semplice fenomeno fino all’intero universo. Se conoscessimo perfettamente queste condizioni e le leggi di natura, potremmo prevedere ogni evoluzione futura. Non ci sarebbero alternative: il futuro possibile sarebbe uno solo e del tutto determinato.
Laplace immagina un intelletto capace di questa visione onnisciente, che spesso viene chiamato “demone di Laplace”. Questo demone non è una creatura maligna, ma piuttosto una sorta di divinità, simile al Dr. Manhattan di Watchmen, che conosce perfettamente passato e futuro. Siamo in genere pronti ad accettare che lo stato futuro di un sistema sia determinato dal suo stato precedente quando si parla di oggetti inanimati, come atomi o pianeti. Dopotutto, è su questo principio che si basa la scienza. Ma la questione si complica quando includiamo noi stessi nell’equazione.
Anche noi, infatti, siamo fatti di atomi, soggetti alle stesse leggi fisiche di un pendolo o di una cometa. Lo stato degli atomi del nostro corpo e del nostro cervello in un dato momento è la conseguenza di come erano in passato. Quando prendiamo una decisione, quella scelta non è altro che l’anello di una catena di eventi iniziata molto tempo prima. Se il demone di Laplace avesse avuto una conoscenza perfetta dello stato dell’universo, inclusi gli atomi che compongono il nostro cervello, dieci minuti prima di una nostra decisione, avrebbe potuto prevederla. In che senso, dunque, possiamo dire che la nostra decisione è stata libera? E se potessimo riportare l’universo esattamente a quel momento, non ripeteremmo esattamente la stessa scelta?
L’idea che potremmo fare diversamente, se solo potessimo tornare indietro, appare come un’illusione. Questo punto di vista si ritrova anche nella teoria della relatività, che non fa una distinzione assoluta tra passato e futuro e ci invita a considerare il tempo come un blocco unico nello spaziotempo einsteiniano, in cui il futuro è già “scritto”. Albert Einstein stesso non credeva nel libero arbitrio e lo espresse chiaramente: “Non credo nel libero arbitrio. Le parole di Schopenhauer — l’uomo può fare ciò che vuole ma non può volere ciò che vuole — mi accompagnano in ogni situazione della mia vita e mi riconciliano con le azioni degli altri, anche quando sono dolorose.”
Potremmo pensare che il determinismo sia una visione troppo rigida e che si possa salvare il libero arbitrio introducendo una componente di casualità nella realtà, come fecero gli antichi filosofi atomisti con il concetto di clinamen, o come suggerisce la meccanica quantistica, dove eventi possono accadere senza una causa precisa. Tuttavia, anche questa strada non risolve il problema: se ciò che avviene è casuale, come possiamo considerarlo sotto il nostro controllo? Sarebbe come affidare le nostre decisioni al lancio di un dado.
Paradossalmente, è proprio il determinismo a garantire la possibilità di controllare le conseguenze delle nostre azioni, ma rende queste stesse azioni apparentemente non libere. Ciò che conta davvero, quindi, non è se abbiamo o meno un libero arbitrio “puro”, ma come intendiamo la responsabilità delle nostre scelte. Anche se siamo soggetti alle leggi fisiche, le nostre decisioni restano profondamente nostre, perché scaturiscono dalla complessa rete di interazioni che chiamiamo “io”.
Se un sofisticato calcolatore deterministico, talmente complesso da rendere imprevedibili le sue risposte, prendesse decisioni autonome, non lo considereremmo forse responsabile delle sue azioni? In fondo, quando vediamo HAL 9000 in 2001: Odissea nello spazio uccidere gli astronauti, non lo riteniamo responsabile?
Alla fine, la questione del libero arbitrio è in parte illusoria. Siamo una parte di un universo che funziona secondo leggi precise, ma la nostra partecipazione è essenziale. È vero che, in un certo senso, il futuro è già scritto, ma è altrettanto vero che solo vivendo possiamo scoprirlo. La nostra libertà, se esiste, risiede nella consapevolezza di queste regole e nel modo in cui le usiamo a nostro vantaggio. Forse, la vera libertà sta proprio nel conoscere le regole del gioco e nel cercare di giocare al meglio.